venerdì 11 aprile 2008

Il film-documentario “Nazirock” indaga sul fenomeno del neofascismo in Italia.

La destra radicale in Italia può raggiungere il mezzo milione di voti e diventare determinante, in un quadro politico in cui ne bastano 25.000 a decidere chi governerà il Paese. Per questo viene sdoganata. Il giornalista Claudio Lazzari presenta il suo documentario “Nazirock”, un indagine dentro il mondo giovanile dell’estrema destra italiana. Una prospettiva a tratti inquietante di come il movimento culturale e politico di queste frange sia in fase di espansione, soprattutto tra i giovanissimi delle periferie degradate delle grandi città. Un filo invisibile che unisce Roma a Milano, Bologna al Veneto. Anche in zone di forte tradizione democratica ed antifascista l’aumento del proselitismo di gruppi come Forza Nuova deve far riflettere chi tra le istituzioni ha a cuore l’identità democratica di questo paese. Il documentario usa come vettore di questa ricerca il movimento musicale che l’estrema destra sponsorizza e utilizza nei raduni, regolarmente autorizzati dai comuni ospitanti, per lanciare i suoi messaggi. Messaggi che dal documentario appaiono fin troppo chiari: esaltazione del regime fascista e di quello nazista, antisemitismo, razzismo verso gli immigrati, ai quali si aggiunge un richiamo ai valori di patria e di identità nazionale. A fare da leva verso le situazioni sociali più disagiate sono le battaglie per la casa, per un mutuo sociale, per una più equa distribuzione della ricchezza, specchi per le allodole ma fino ad un certo punto. L’abbandono e la povertà, sia economica che culturale, di una sempre più ampia fascia della popolazione, colpisce soprattutto i più giovani, che si riconoscono negli slogan e nei messaggi violenti e populisti che i gruppi neo nati gridano (perché non cantano) nelle loro canzoni.
Il documentario è stato rifiutato al Politecnico Fandango a Roma ed a Milano in un’altra sala, perché i proprietari di questi due cinema hanno subito minacce da FN, e non se la sono sentita di proiettare il film. Lo stesso autore Claudio Lazzari nel sito da lui creato per la promozione del film, www.nazirock.it, denuncia le aggressioni verbali e le minacce che ha subito in questi mesi.
Il 25 aprile il film sarà proiettato alla Casa della Memoria a Trastevere, dove l’ANPI romana, l’ANPPIA e l’ANED non escludono di far partire una denuncia contro gli organizzatori di questi eventi per apologia del fascismo. Un’azione formale, ma che ha un significato ben preciso: non si può stare a guardare ed osservare inermi lo sviluppo di queste realtà. Le istituzioni dovrebbero smettere di far finta di non vedere.
Proprio poche settimane fa, il 22 marzo, a Montecchio Maggiore in provincia di Vicenza c’è stato un raduno internazionale di bande Neonaziste, raduno organizzato dal “Veneto Fronte Skinhead”, gruppo fondato nel 1986, alla quale hanno partecipato diversi gruppi nazirock provenienti da paesi stranieri, quali Belgio, Inghilterra, Spagna e Germania. In un’ottica allargata, l’espansione di questo movimento ha carattere europeo, e non è un problema solo italiano. In sede comunitaria bisognerà discutere sulle misure da tenere. Non è realistico nè auspicabile che questi gruppi che ispirano odio e violenza abbiano vita facile nel crescere ed espandersi.

Nazirock, di Claudio Lazzari, Feltrinelli 2008,

(Durata:75 min. Supporto: Digibeta o DVD)

martedì 8 aprile 2008

Celebrato a Pisticci il 60° anniversario della Costituzione



"L'Assemblea ha pensato e redatto la Costituzione italiana come un patto di amicizia e fraternità di tutto il popolo italiano, cui essa la affida perché se ne faccia custode severo e disciplinato realizzatore".

È il principio fondamentale pronunciato dal presidente dell’Assemblea Costituente, Umberto Terracini, che a Pisticci, dove era stato internato per antifascismo, aveva potuto consolidare quei sentimenti di democrazia e libertà che poi avrebbe trasmesso alla nostra Carta Costituzionale, i cui indirizzi fondamentali furono oggetto di ampia riflessione all’interno di quella cellula segreta che egli aveva organizzato nella colonia di confino.

Pisticci è quindi legata in un certo senso ai caratteri originari della Costituzione, un aspetto inedito questo, più volte ribadito nel corso dei lavori del convegno-dibattito sul 60° anniversario della Costituzione Italiana che si è svolto nell’auditorium del Liceo Classico, promosso dalla Uniti Tre, rappresentata da Michele Sisto e Domenico Miolla, con il patrocinio del Comune, rappresentato dal sindaco Michele Leone, e la collaborazione dell’Anppia e l’istituto “G. Fortunato”, con il prezioso supporto del coordinamento dell'avv. Giovanni D’Onofrio. È una Costituzione che comunque va rispettata ed applicata, come ha ricordato Domenico Giannace, e che può e deve essere conosciuta in maniera più approfondita, secondo l’on. Nicola Cataldo, perché ha il merito di chiarire con poche e semplici parole profondi concetti storici, sociali e giuridici, frutto di incontro, e talvolta scontro, di culture diverse.

Il sen. Giampaolo D’Andrea ha invece ricostruito il clima storico e politico in cui maturò la Costituzione, quale legge fondamentale dello Stato, approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, promulgata dal Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre 1947 e pubblicata nella edizione straordinaria della Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 1947 poi entrata in vigore il 1° gennaio 1948. Quella di far votare per la prima volta con suffragio universale è stata, secondo D’Andrea, una scelta storica e rivoluzionaria, come pure l’introduzione di caratteri nuovi per non ripetere gli errori del passato, tra cui quelli dello Statuto Albertino, le cui debolezze avevano consentito al Fascismo di impossessarsi del potere.

Nella sue conclusioni, l’on. Giulio Spallone, presidente nazionale Anppia, ha ripercorso le vicende travagliate della sua intensa attività antifascista che gli costò diciassette anni di carcere e poi quella di partigiano in quella Resistenza che riuscì a dare all’Italia un governo unitario già prima dell’intervento delle forze alleate. Molto eloquente, a tal proposito, la nota lettera di Piero Calamandrei: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la Costituzione andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”.

Giuseppe Coniglio

(dal giornale locale La Spiga del 19.3.1008)

Brevi cenni storici sulla Colonia di Pisticci:

La Colonia Confinaria di Pisticci nacque nel 1938 quale esempio unico nel suo genere, voluto dal regime fascista per dare una dimostrazione di forza e nello stesso tempo di efficienza nel perseguimento di un obiettivo fondamentale, quello di realizzare una importante opera pubblica, socialmente utile, e cioè la bonifica di una grande estensione di terreno abbandonato ed incolto, in una vasta area ancora caratterizzata da malaria, miseria e povertà. Bonificare, dunque nel contempo persone e territorio.
Il domicilio coatto ed il conseguente confino, provvedimenti di pubblica sicurezza già in vigore in epoca anteriore, furono nuovamente adottati a carico di persone ritenute pericolose sia a livello sociale che morale e politico.
Il centro di Pisticci, e subito dopo, la sua Colonia di Bosco Salice ospitarono deportati che venivano da ogni parte d'Italia, soprattutto dalle regioni del nord, e per lo più contadini, muratori, falegnami, fabbri, artigiani, di cui la borgata necessitava per poter decollare, sopravvivere e svilupparsi. Tra le due vicine località vi fu sempre un continuo scambio di confinati. Molti furono confinati perché ritenuti sovversivi, per lo più comunque si trattava di personaggi umili, talvolta confinati per motivi inesistenti o banali, col pretesto generico di attività antifascista. Altri per appartenenza a minoranze religiose, per aver offeso il Duce, per astensione dal lavoro, ascolto di radio straniere, per aver cantato bandiera rossa. Rilevante fu il numero dei puniti per scritte murali, volantinaggio, pubblicazione e diffusione di stampa sovversiva e corrispondenza antifascista.

Dei confinati della colonia di Pisticci si conservano nell'Archivio di Matera oltre 1700 fascicoli, dei quali 1672 appartenenti ad "internati" e "politici". Quanti col trascorrere dei mesi, non dimostravano di essere adatti ai lavori dei campi e della bonifica oppure evidenziavano cattive condizioni di salute erano immediatamente trasferiti, poiché il regime aveva urgente bisogno di portare a termine le opere programmate.

Per la sua particolare posizione Pisticci, come altri centri del materano, fu individuata quale sede di confino di polizia, inizialmente per internati comuni ed in seguito per gli oppositori del regime fascista.

Il capo della polizia Arturo Bocchini, che era stato tra i principali promotori della costituzione nel 1927 dell'Ovra, fu incaricato di ispezionare in lungo e in largo varie località e regioni italiane in grado di ospitare le colonie confinarie per antifascisti, sovversivi ed internati comunisti. I suoi collaboratori gli avevano consigliato di privilegiare in maniera particolare le aree più interne e quei centri impervi ed isolati, difficilmente raggiungibili, distanti da Roma, dove i nemici del regime non avrebbero avuto possibilità di movimenti, di azione e di pensiero. La prefettura di Matera sconsigliò l'area di Pisticci, per i problemi di sovraffollamento, ma Bocchini ritenne che nella zona si potesse dar vita ad una "Colonia Agricola", nei pressi di Borgo Salice..
Si diede così avvio nel 1938 alla costruzione e ristrutturazione dell'area, e i lavori di bonifica ed agricoli impegnarono al luglio del 1940 quasi 500 confinati. Nel 1943 arrivarono ad essere più di 800. (I dati in nostro possesso danno oltre i 1500 confinati)
Quella di Pisticci non fu comunque solo colonia di lavoro, ma anche di passaggio, con continui e ripetuti trasferimenti da e per altre sedi confinarie, soprattutto Ventotene e Colobraro.
Non conseguì certamente il risultato tanto atteso dal regime quella struttura di Pisticci, nata soprattutto come "sperimentazione sociale di rieducazione" destinata agli oppositori del fascismo. Anzi fu proprio nella colonia confinaria, come anche nelle altre, che gli avversari più tenaci ed attivi poterono rafforzare la loro avversione al regime.
Con l'arrivo degli anglo-americani nel 1942 i confinati politici vengono trasferiti nella colonia di Castel di Guido, nei pressi di Roma. Rimangono i lavoranti, anche dopo l'arrivo degli alleati.
Giuseppe Gaddi, Carlo Porta, Vladimiro Diodati, Loris Pescarolo, dirigenti nazionali dell'ANPPIA negli anni passati, confinati tutti a Pisticci.
Nel 1986 l'ANPPIA ha organizzato una manifestazione a Pisticci, in memoria della Colonia, con la presenza di Adriano Dal Pont e Mario Mammucari.